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Comunicare per sopravvivere e crescere

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Scriveva già nel 1967 il dott. Watzlawick, nel suo libro “Pragmatica della Comunicazione Umana”, che “è impossibile non comunicare”. Un’intuizione tanto rivoluzionaria quanto semplice e alla portata dell’osservazione
di tutti. Noi non comunichiamo solo con le parole, comunichiamo anche con il modo di esprimerle e con i movimenti del corpo a supporto di queste. E la cosa non si ferma qui perché comunichiamo ininterrottamente con migliaia di dettagli: quando facciamo un cenno del capo o uno sguardo, un’espressione del volto mentre ascoltiamo qualcuno, quando scegliamo un vestito anziché un altro, quando rispondiamo prontamente o con ritardo, quando facciamo un lavoro completo o incompleto. Gli amici che scegliamo parlano di noi, le scelte politiche, dove andiamo a fare le vacanze, i libri che leggiamo, i film che guardiamo. Parla di noi il modo di stare seduti durante una riunione, come camminiamo, come teniamo in ordine il luogo di lavoro, come stringiamo la mano e persino i proverbi che citiamo. Comunichiamo anche quando non comunichiamo: se manchiamo fisicamente ad un appuntamento stiamo comunicando qualcosa di noi al mondo, comunichiamo anche stando in silenzio, quando usiamo una parola anziché un’altra, quando ci chiudiamo nei confronti di una persona, quando facciamo delle omissioni, quando raccontiamo qualcosa in maniera incompleta, le scuse o le giustificazioni che usiamo e le disattenzioni che abbiamo.
Tutto parla di noi: è impossibile non comunicare.
E non si tratta solo di una questione umana, questo riguarda tutti gli esseri viventi: se le cellule di qualsiasi organismo smettessero di comunicare tra loro ci sarebbe la morte certa. Perciò è evidente che la prima forma di sopravvivenza è il continuo interscambio e regolazione di informazioni, stimoli ed energia tra elementi
di qualsiasi sistema complesso. A cosa ci può servire prendere coscienza di questa ineluttabile realtà dei fatti?
Ci può servire per decidere di riallacciare quelle linee di comunicazione che sono cadute nei nostri ambienti di lavoro: due reparti di un’azienda che non parlano tra loro o nei quali l’informazione è spesso imprecisa, superficiale e frettolosa denotano chiaramente l’interruzione di linee comunicative. Analogamente due colleghi
che si evitano è una linea di comunicazione interrotta, così come evitare di proporre soluzioni o idee durante una riunione. E ancora, dare per scontato che l’informazione sia passata via mail o avere un conflitto aperto con una persona che giustifica il sabotaggio delle informazioni è una linea di comunicazione interrotta.
Pensare di avere ragione senza ascoltare il punto di vista dei propri colleghi e non trasmettere un’informazione è una linea interrotta. Un gruppo di coordinamento che si trova una volta sì e tre no è una linea di comunicazione interrotta, così come la mancanza di conoscenza di cosa fanno gli altri reparti dell’azienda.
Tutta questa non comunicazione interna porterà ovviamente al fallimento di un’azienda.
È importante, prioritario e soprattutto vitale ripristinare le linee di comunicazione tra le persone e i gruppi al fine di garantire la sopravvivenza della propria struttura. Come? Aiutando le persone a superare i conflitti, a confrontarsi con onestà e a produrre assieme delle soluzioni per il bene del gruppo. Creando delle riunioni settimanali per il confronto e l’aggiornamento costante su cosa l’azienda sta facendo, come e perché. Dedicando più tempo per confrontarsi con i colleghi su una scelta in merito ad un progetto, sulla definizione precisa di cosa si vuole ottenere e condividendo idee e punti di vista. Per fare tutto questo si può anche delegare una persona con buone caratteristiche di personalità nel tenere unite le linee di comunicazione tra i membri del
gruppo. Qualsiasi sia la strategia adottata, deve garantire il costante flusso delle informazioni come avviene in natura. Solo facendo questo garantiremo certamente la sopravvivenza del nostro team aziendale.

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